Musiche di Handel, Gounod, Caccini, Piazzolla, Gardel, Morricone, Rota
Vieni ad immergerti nell’incanto della musica al Museo degli Strumenti Musicali il 21 aprile alle 17:30! Con Rosanna Volpe (soprano), Cosimo Spinelli (clarinetto) e Antonio Curto (pianoforte), esploreremo un repertorio che abbraccia Handel, Gounod, Caccini, Piazzolla, Gardel, Morricone e Rota. Un concerto emozionante, realizzato in collaborazione con A.Gi.Mus. Non mancare!
Domenica 21 aprile, ore 20,00, si esibiranno due pianisti eccezionali che eseguiranno un programma di pianoforte a quattro mani, con capolavori del repertorio per duo pianistico. Il primo brano di Brahms è uno dei più belli in assoluto scritti per pianoforte a quattro mani. Vale la pena di venire al concerto anche soltanto per ascoltare questo brano! L’altro capolavoro è Ma Mère l’Oye di Ravel, opera originariamente scritta per quattro mani e poi trascritta per Orchestra, che comprende cinque pezzi ispirati a fiabe per bambini. Si potrà ascoltare poi “La Valse” che invece è una strabiliante trascrizione dall’orchestra a pianoforte di Ravel. Per finire si va in Sudamerica con la musica di Milhaud che chiuderà il concerto con le danze tipiche di questo continente: il titolo dell’ opera è “Le beouf sur le toit” che prende il nome dal locale di cabaret parigino, luogo di ritrovo per l’ambiente artistico d’avanguardia, dove si riunivano oltre a Milhaud anche tutti gli artisti più importanti dell’epoca, da Picasso a Ravel, Hemingway Cocteau, Chaplin, Camus.
L’ensemble polifonico “Antiqua Quaerentes” proveniente dalla provincia di Bologna ci guiderà in un percorso attraverso vari “quadri” dell’anno liturgico con pagine tratte dal canto gregoriano e dalla polifonia antica: un repertorio eseguito quasi integralmente “ a cappella”
Prendi due cantanti giovani, belle e cattive, un cantante chitarrista con la passione per i bassi, un folle pianista di ragtime e un batterista che suona anche senza batteria. E poi dagli un obiettivo: trovare e suonare lo Swing… anche quando non c’è! Oltre ai classici dello Swing, Ragtime&Jive, musiche e successi di ogni epoca riletti in chiave Swing…
Anastasia Soboleva • Voce Giulia Ratti • Voce Lorenzo Mazzoni • Voce/Chitarra Andrea Marano • Pianoforte Daniele Russo • Batteria
Antonio Miralli nasce a Viterbo nel 1978, si forma nell’ambito sanitario e, nel 2006, si laurea in tecniche di riabilitazione psichiatrica presso l’università “la Sapienza” di Roma.
La passione per la pittura non gli è mai mancata; anche se principalmente autodidatta, nel corso della sua carriera Miralli ha frequentato diversi corsi di disegno presso alcune delle scuole più prestigiose come, ad esempio, la scuola internazionale Comics e la Scuola Romana del Fumetto.
Forse per via della sua formazione in ambito psichiatrico, Miralli ha sempre avvertito quel bisogno di liberarsi dai contenuti emotivi producendo opere astratte dalla forte impronta cromatica, a tratti viscerale. Infatti, il colore per lui è fonte di vita, “vibra”.
Nelle sue opere cerca sempre di trovare un equilibrio, che gli permetta di far tacere il caos che porta dentro e questa ricerca di un bilanciamento lo porta a spaziare tra gli stili: si passa da opere che richiamano lo stile giapponese e la sua pacatezza, ad opere richiamanti Pollock e l’action painting. La potenza delle pennellate di colore sulla tela tradisce una rabbia che lo porta a lottare contro se stesso e contro i suoi pensieri quotidiani.
La pittura, per Miralli, rappresenta lo strumento principale con il quale riesce ad esprimere i diversi stati d’animo che lo attraversano e vuole che, davanti una sua opera, lo spettatore esprima le sensazioni che l’opera suscita in lui, in modo da creare un dialogo con l’artista.
Una caratteristica della sua produzione pittorica, inoltre, è il riutilizzo delle tele. L’atto di dipingere su tele già utilizzate in precedenza rappresenta per lui l’esigenza di raccontare una nuova storia, di descrivere un nuovo stato d’animo superando quelli precedenti.
L’overview di Martina Luffarelli
Antonio Miralli ha esposto le proprie opere in alcuni paesi del viterbese, in varie edizioni con i 100 pittori di Via Margutta e con l’associazione Art Studio Tre presso Piazza di Spagna. Ha partecipato alla mostra di arte contemporanea di Vitorchiano nel 2013 organizzata dall’associazione “Marzio 58”, nel 2019 ha partecipato al concorso “9margini” promosso dallo Studio Lab 138 Pavona di Castel Gandolfo mentre nel 2020 ha partecipato alla seconda edizione della mostra “luce&tenebre – cammini di fede” nell’abbazia di Santa Maria di Grottaferrata. Sue opere sono state esposte nelle Fiere d’Arte di Padova (Contemporary Art Talent Show) nel 2022 e di Forlì (Vernice Art Fair) nel 2023 e nella collettiva d’arte contemporanea organizzata in occasione del Festival del Dialogo ad Orvieto nel 2023.
Ciò che mi ha colpito delle sue opere è la trasfigurazione che mette in atto servendosi di sagome simili ad omini posizionate sopra le opere. Questi “omini” sembrano voler uscire dal quadro e creano un ponte tra l’opera e lo spettatore, che, mentre guarda l’opera, si libera dalla ragione e si lascia guidare dall’istinto, dal gusto, dal desiderio, in modo tale che l’opera parli senza l’intermediazione di nessun altro.
In conclusione, della pittura di Antonio possiamo dire che l’artista non segue un progetto, non sviluppa un disegno, ma esprime la propria creatività in un atto spontaneo e irrazionale, non privo di casualità. La sua pittura non nasce sul cavalletto; l’artista prima di mettersi a dipingere raramente tende le tele e preferisce invece fissarle, senza intelaiatura, sul muro o posarle a terra. L’energia che guida la sua mano è quindi istintiva, proviene dall’inconscio, ma appare poi anche rimodulata in corso d’opera in un processo di recupero della memoria o di visionarietà tra il vissuto presente e le aspirazioni future.
Il museo, sede della Fondazione Elena e Claudio Cerasi, gestito e valorizzato da Coopculture, è lieto di presentare la lezione/spettacolo dal titolo “Perché ascoltare la musica classica? L’infinito in musica: viaggio nella musica barocca” di Francesco Di Fortunato e non solo…
Lo spettacolo fa parte della rassegna “IN TUTTI I SENSI. Teatro e musica a Palazzo Merulana”.
Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sulla musica classica, ma non avete mai osato chiedere.
Una serie di spettacoli divulgativi e multimediali dedicati alla musica classica.
Un viaggio tra suoni, immagini e narrazione alla scoperta dei più grandi autori della storia della musica: la storia della musica come non l’avete mai sentita.
Nel quarto appuntamento Francesco Di Fortunato ci racconterà come l’uomo ha rappresentato l’infinito attraverso le note, dalla musica medievale fino a Bach.
In questo viaggio, che toccherà anche il Miserere di Allegri, Palestrina e tante altre tappe, saremo accompagnati dalla musica dal vivo eseguita da Giulia Polidori (cantus), Ilaria de Bortoli (altus), Francesco Di Fortunato (tenor), Marzio Montebello (bassus).
Le lezioni/spettacolo sono ispirate ai video del canale YouTube Musica Antica (for dummies).
A Palazzo Merulana è disponibile una tecnologia che permetterà alle persone ipoudenti di fruire di tutti gli spettacoli in cartellone con sistemi di ascolto assistito.
Il progetto “In tutti i sensi” è vincitore dell’Avviso Pubblico “Raccolta di Proposte progettuali per la realizzazione di eventi, manifestazioni, iniziative e progetti di interesse per l’Amministrazione capitolina di rilevanza cittadina” promosso da Roma Capitale in collaborazione Zètema Progetto Cultura.
Evento gratuito fino ad esaurimento posti disponibili.
Prenotazione consigliata al numero 0662288768 (numero attivo dal mercoledì alla domenica dalle 9.00 alle 20.00).
Mostra personale di di Bahar Hamzehpour, artista e tecnico di laboratorio presso la cattedra di Grafica d’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Roma.a cura di Roberto Piloni
Sabato 13 aprile, Hyunnart Studio presenta “Just a ride”, personale di Bahar Hamzehpour, artista e tecnico di laboratorio presso la cattedra di Grafica d’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Roma.
In mostra una selezione di lavori che testimoniano i tratti salienti della sua ricerca. Bahar Hamzehpour in molte sue opere si serve di parole che si sovrappongono e si infittiscono sempre di più, fino a creare dei grovigli neri e indistinti di pigmento concentrato, ma soprattutto realizza composizioni nelle quali il linguaggio esprime la notevole complessità della comunicazione, la necessità di esplorare il proprio io e l’inevitabile sfida di riuscire a farlo in modo profondo. L’artista concepisce opere composte da gesti e segni attraverso i quali emergono immagini che hanno molto a che fare con lo sprigionamento di energia compressa, emissioni quasi inarrestabili di forze finalmente liberate. In altri termini rappresentano delle manifestazioni che incarnano una visione di disfacimento e di conseguente riscatto finale. La fase processuale in questo suo operare è determinante.
C’è un ulteriore aspetto molto interessante nelle sue opere più recenti. La leggerezza e la fragilità apparente, sia dei materiali che Bahar utilizza, sia del modo in cui vengono presentati, cela invece tematiche spesso complesse e dolenti. Laddove l’azione e il gesto fisico sono indispensabili per la costruzione dell’immagine, ancora una volta l’aspetto posto in risalto è legato alla fase di elaborazione, al processo di lavoro appunto, come nel caso di Isteria, un’installazione a parete composta da 441 forcine per capelli piegate e deformate una ad una e successivamente allineate a formare un grande rettangolo a parete. Come lei stessa dichiara, “Questo processo di deformazione non è solo un atto artistico, ma una rappresentazione della nostra esperienza di vita: cadere, rialzarci e cercare di rimetterci insieme. Le forcine deformate da tante persone diventano così un’opera collettiva, simboleggiando la bellezza che può emergere anche dalla deformazione. In definitiva, questo lavoro di nuovo riflette il senso di bellezza che affiora dall’assurdità della vita. Una semplice azione si trasforma in un simbolo di resistenza e ricerca di significato in un mondo caotico”.
Opere in mostra:
– Ire-volution, 2023, xilografia, carta di riso cinese, cm 600 x 67
– Just a ride, 2024, grafite, carta di riso cinese, cm 400 x 30
– Isteria, 2024, forcine in metallo per capelli, cm 136 x 100
–I Suoi Occhi, 2024, tecnica mista, carta di riso cinese, cm 180 x 120
Bahar Hamzehpour– Note biografiche
Bahar Hamzehpour è nata a Tehran e da otto anni vive a Roma. Dopo aver conseguito il Diploma Accademico in Grafica d’Arte e Tecnologie dei Materiali Cartacei presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, ha focalizzato la sua pratica artistica sull’incisione calcografica e sulla creazione di carta artigianale. Il suo interesse per l’arte spazia attraverso diverse forme e modalità di espressione, con una particolare attenzione ai temi sociali e alla condizione della donna. La sua ricerca artistica si concentra principalmente sulle questioni di genere e societarie. Nel corso degli ultimi dieci anni, Bahar ha partecipato a numerose mostre collettive e personali, Tra le mostre recenti:
2024 – III° Rassegna Biennale Fiber Art, a cura di M. Giuseppina Caldarola e Pierfrancesco Caprio. Ex Museo Civico, Ex Monte di Pietà, Museo Nazionale del Ducato di Spoleto – Rocca Albornoziana, Galleria Officina d’Arte&Tessuti, Spoleto (PG)
2023 – Sguardo Di Confine. L’arte femminile tra archeologia e presente, Museo MAV – Ercolano (NA).
2022 – La Metà Nascosta Della Luna, a cura di M. Giuseppina Di Monte, Francesca Colantonio e Giulia Maccauro. Museo Hendrik Christian Andersen – Roma.
2022 – Dalle carte d’ARchivio alle carte d’Artista. Erbari, foglie e fogli di carta: risorse per la creatività. Sala Alessandrina, Archivio di Stato – Roma.
2022 – Impressum Est. Libri d’artista fra Private Presses e Accademia di Roma, a cura di Marina Bindella e Beatrice Peria. Salone Borromini, Biblioteca Vallicelliana – Roma.
2022 – Carta Coreana HANJI. L’Arte Contemporanea incontra un sapere antico, Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese – Roma.
2021 – Alfabeti Riflessi. Arte e scrittura oltre i confini, Musei di Villa Torlonia, Casina delle Civette – Roma.
2021 – II° Rassegna Biennale Fiber Art, a cura di M. Giuseppina Caldarola e Pierfrancesco Caprio. Ex Museo Civico, Ex Monte di Pietà, Museo Nazionale del Ducato di Spoleto – Rocca Albornoziana, Galleria Officina d’Arte&Tessuti, Spoleto (PG)
2019 – Nell’acqua e nel colore, a cura di Laura Salvi e Riccardo Ajossa. Istituto Culturale Coreano – Roma.
INFORMAZIONI
Hyunnart Studio – Roma, Viale Manzoni 85-87
13 aprile – 18 maggio 2024
Inaugurazione 13 aprile 2024, ore 18.00
Orario settimanale: dal martedì al venerdì, ore 16,00-18,30
Email: pdicapua57@gmail.com
Il trio collabora da molti anni, sia dal vivo che in studio, formando una consolidata formazione in grado di interpretare le diverse sonorità del jazz.
Il repertorio prende ispirazione soprattutto dai grandi classici interpretati da maestri del jazz quali Miles Davis, Freddy Hubbard, Sonny Rollins, Kenny Dorham, Chet Baker e tanti altri, che molto spesso scelsero piccole formazioni come il trio per proporre la loro musica.
Line-up:
Giambattista Gioia • tromba e flicorno. Antonio D’Agata • chitarra. Marco Loddo • contrabbasso.
da Edmond Rostand
adattamento e regia Arturo Cirillo
con Arturo Cirillo e con ( in o.a) Irene Ciani, Rosario Giglio, Francesco Petruzzelli, Giulia Trippetta, Giacomo Vigentini
scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
luci Paolo Manti
musica originale e rielaborazioni Federico Odling costumista collaboratrice Nika Campisi assistente alla regia Mario Scandale assistente alle scene Eleonora Ticca
produzione MARCHE TEATRO, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro / ERT Teatro Nazionale
Andare con il ricordo ad un musical da me visto da ragazzino a Napoli, nell’ancora esistente Teatro Politeama, è stato il primo moto di questo nostro nuovo spettacolo. Il musical in questione era il “Cyrano” tratto dalla celeberrima commedia di Rostand, a sua volta ispirata ad un personaggio storicamente vissuto, coetaneo del mio amato Molière. Riandare con la memoria a quella esperienza di giovane spettatore è per me risentire, forte come allora, l’attrazione per il teatro, la commozione per una storia d’amore impossibile e quindi fallimentare, ma non per questo meno presente, grazie proprio alla finzione della scena. Lo spettacolo che almeno trentacinque anni dopo porto in scena non è ovviamente la riproposizione di quel musical (con le musiche di Domenico Modugno) ma una continua contaminazione della vicenda di Cyrano di Bergerac, accentuandone più il lato poetico e visionario e meno quello di uomo di spada ed eroe della retorica, con delle rielaborazioni di quelle musiche, ma anche con elaborazioni di altre musiche, da Èdith Piaf a Fiorenzo Carpi. Un teatro canzone, o un modo per raccontare comunque la famosa e triste vicenda d’amore tra Cyrano, Rossana e Cristiano attraverso non solo le parole ma anche le note, che a volte fanno ancora di più smuovere i cuori, e riportarmi a quella vocazione teatrale, che è nata anche grazie al dramma musicale di un uomo che si considerava brutto e non degno d’essere amato. Un uomo, o un personaggio, in fondo salvato dal teatro, ora che il teatro ha più che mai bisogno di essere salvato.
Arturo Cirillo