I “Nazareni” a Roma. Gli affreschi “letterari” di Villa Massimo, di Francesca Coiro Cecchini


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Nei primi anni dell’Ottocento ai romani che passeggiavano nella zona del Pincio poteva capitare di imbattersi in alcuni personaggi a dir poco singolari. Non erano frati ma vivevano in regime di povertà nel convento quasi abbandonato di S. Isidoro. Avevano volti emaciati; vestivano lunghe tuniche e portavano i capelli sciolti sulle spalle secondo la foggia che l’iconografia tradizionale attribuisce a Gesù. Per questo il popolino li chiamava “i Nazareni”. Erano un gruppo di artisti tedeschi che avevano abbandonato l’Accademia di Vienna, dove l’insegnamento di stampo classico e di soggetto pagano si basava sulla copia di statue e monumenti antichi, e si erano trasferiti a Roma. Una scelta che può sembrare un controsenso perché – siamo in età napoleonica – a Roma, come nel resto d’Europa, imperava il neoclassicismo. Ma Roma è anche la sede del Cristianesimo e possiede testimonianze in grado di appagare lo spirito religioso di quei giovani che aspiravano…

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