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La storia del ritrovamento della Basilica Sotterranea di Porta Maggiore

Un gran numero di persone sa che esiste a Porta Maggiore una splendida basililica sotterranea, monumento più unico che raro anche in una città così ricca di tesori archeologici come Roma. Ma pochi conoscono la storia del ritrovamento avvenuto per caso nel 1917.

Ecco un articolo, dettagliato e corredato da numerose immagini dal sito info.roma.it che descrive le fasi e gli artefici del ritrovamento oltre che una minuziosa ricostruzione storica e architettonica del monumento.

https://www.info.roma.it/monumenti_dettaglio.asp?ID_schede=667

La pianta del monumento

Un approfondimento sui mosaici nell’arco absidale della Basilica di Santa Maria Maggiore

Un articolo di Giovanni Gardini pubblicato sul suo sito relativo ai mosaici situati nell’arco absidale  all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore. Non solo arte e religione ma un interessantissimo approfondimento storico che ci proietta nella Roma di diversi secoli fa.

Il mistero dell’incarnazione nell’arco absidale di Santa Maria Maggiore a Roma

Il progetto di Gian Lorenzo Bernini mai realizzato per la Tribuna di Santa Maria Maggiore

Il progetto datato 1669 riguarda la parte absidale della Basilica di Santa Maria Maggiore. Prevedeva oltre a un colonnato imponente, 47 statue di santi.

In questo articolo,  Mario Cipollone del gruppo Facebook “Roma da scoprire” descrive la storia e i retroscena che portarono alla revoca non solo del progetto absidale ma anche di quelli delle tombe papali all’interno delle cappelle Sistina e Paolina

BERNINI. L’avessero lasciato fare il volto di Santa Maria Maggiore a Roma oggi sarebbe ben diverso.
Attorno al 1670 quando, per l’età e l’amarezza di alcuni insuccessi, era ormai in fase declinante, Gian Lorenzo Bernini ricevette per Santa Maria Maggiore tre incarichi: il monumento funebre a papa Clemente IX (1667–1669), la statua di bronzo di Filippo IV e soprattutto la ristrutturazione dell’altare e della parte absidale.
L’avesse eseguiti, il volto della Basilica sarebbe cambiato per sempre. E invece, per fortuna o forse no, non ne portò a termine nessuno.
Il primo incarico gli fu revocato.
Il secondo fu eseguito da un suo allievo e in modo diverso da come lui l’aveva concepito.
Quanto al terzo, il più cospicuo, elaborò il progetto, costruì un modello in legno come usava fare, avviò i lavori ma fu fermato.
Clemente X (1670–1676), succeduto nel frattempo a Clemente IX che gli aveva conferito l’incarico, non si poteva più permettere certe spese. Tanto che, in sei anni di pontificato, non andò oltre la costruzione della seconda, modesta fontana di piazza San Pietro. E in effetti, a stargli appresso, Bernini avrebbe fatto spendere al povero Clemente una montagna di denaro.
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Aveva passato i settant’anni, non aveva più la fantasia sfrenata di un tempo, ma gliene restava in abbondanza. E comunque, per sua natura, era capace di concepire solo idee grandiose. E così, l’avessero lasciato fare, avrebbe alzato sull’abside di Santa Maria Maggiore una terza cupola che, con le due già esistenti, avrebbe formato una specie di triangolo, conferendo alla struttura una vaghezza orientale. Avrebbe costruito sul retro un portico sostenuto da quattordici colonne corinzie, popolandolo con una selva di quarantasette statue di santi, quasi a richiamare il colonnato di San Pietro. E a quel punto non si sarebbe più capito quale fosse la facciata principale.
Quanto all’interno, avrebbe voluto ripetere l’accoppiata Sistina – Paolina, cioè realizzare due nuove cappelle simmetriche per accogliere le tombe di Clemente IX e Alessandro VII, nonché sostituire i mosaici del Torriti con affreschi di Carlo Maratta. Il che la dice lunga su come, non solo il cardinale Domenico Pinelli, ma anche grandi artisti tenevano in considerazione all’epoca i mosaici medioevali.Aveva cominciato a rimuovere le figure di Francesco e di Antonio, dei due campioni francescani, dall’abside, quando fu fermato.
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Fu Carlo Rainaldi, architetto e musicista, autore tra l’altro delle due note chiese gemelle in piazza del Popolo, ad armonizzare i due lati retrostanti la Basilica che armonici non erano mai stati. Lo fece in modo apparentemente semplice, sobrio e naturale. E senza spendere una fortuna, come si confaceva a un uomo quieto ed equilibrato, alla ricerca di una terza strada dopo le intemperanze di Bernini e Borromini.
Secondo alcuni, l’opera segnò la fine del Barocco preannunciando linee architettoniche meno nervose e infiammate. E così ad affacciarsi dalla balconata della Basilica su piazza dell’Esquilino, invece dei quarantasette santi previsti dal Bernini, sono appena quattro e non si sa come assortiti: Pietro, Paolo, Domenico e Davide; tutti irriconoscibili salvo l’ultimo. E per una piazza pressoché deserta, frequentata quasi solo da sparuti gruppi di protesta e da barboni, da piccioni e ultimamente anche da gabbiani, basta e avanza.
( da Santa Maria Maggiore di Mario Cipollone, mmc edizioni, venduto da Amazon e piattaformi )
 

San Giovanni in Laterano, il lotto e la Fontana diTrevi

Molti si domanderanno cosa c’entri il gioco del lotto e la Fontana di Trevi con la Basilica di San Giovanni in Laterano (in particolare la facciata). Ebbene leggete l’articolo di Mario Cipollone del gruppo Facebook “Memorie di Roma” e vi accorgerete che la relazione tra questi monumenti e il popolarissimo gioco dei 90 numeri  è molto stretta.

SAN GIOVANNI IN LATERANO. LA FACCIATA
Fu lo Spirito Santo a farsi carico dell’annoso e irrisolto problema della facciata. Al conclave del 12 luglio 1730 suggerì ai cardinali riuniti in conclave di eleggere papa Lorenzo Corsini, un collega nato a Firenze, città di banchieri, città ove l’arte di procurarsi soldi s’imparava da piccoli: in famiglia, a scuola, per strada.
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Lorenzo Corsini, in questo, dimostrò di essere stato particolarmente perspicace perché, il 9 dicembre del 1731, a poco più di un anno della elezione a pontefice col nome di Clemente XII, trovò un modo semplice, efficace e indolore per tosare il suo gregge: LEGALIZZO’ il GIOCO DEL LOTTO.
E questo nonostante che, appena tre anni prima, il suo predecessore l’avesse abolito minacciando di scomunica chiunque vi avesse partecipato. Secondo Benedetto XIII, infatti, pugliese di Gravina, il Lotto contraddiceva uno dei primi e più importanti dettati divini. Quello con cui il Padreterno, cacciando Adamo dal Paradiso Terrestre, aveva condannato lui e l’intero genere umano a GUADAGNARSI IL PANE COL SUDORE DELLA FRONTE.
Ebbene il Lotto prometteva esattamente il contrario. E siccome qualche volta lo realizzava pure, non smentiva mai le promesse, ma le rinviava di settimana in settimana con ciò perpetuandosi all’infinito. Un vero strumento del diavolo dunque!
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A Roma se ne ebbe la prova provata. Una volta introdotto, il Lotto interpretò così bene lo spirito dei tempi che i romani – che avrebbero fatto un quarantotto ante litteram se il papa avesse rialzato di un solo millesimo la tassa sul sale o sul vino – fecero a gara a pagare l’imposta sottostante. Gli introiti furono così abbondanti che Clemente XII, facendo sua l’opinione di Vespasiano circa l’odore del denaro, ci finanziò non solo la costruzione della FACCIATA DEL LATERANO ma anche altre opere, tra cui la famosa FONTANA DI TREVI.
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Al concorso per la facciata, cui parteciparono ben ventisette architetti, sostanzialmente si confrontarono due scuole, due orientamenti, anzi due cardinali: Pietro Ottoboni, nipote di Alessandro VIII, e Neri Corsini, nipote di Clemente XII nonché arciprete della Basilica.
Il primo avrebbe voluto riprendere il linguaggio del Borromini, mentre il secondo era favorevole al ritorno al classicismo, lo stile dell’ASSOLUTISMO EUROPEO. Ovviamente prevalse il secondo. A vincere non fu il progetto migliore ma quello di Alessandro Galilei, un fiorentino, un compaesano dei Corsini, un raccomandato, peraltro NIPOTE DEL CELEBRE SCIENZIATO.
E fu così che la superficie piana prevalse su quella concavo-convessa, la linea retta e spezzata su quella ondulata e continua. E fu così che la fantasia, il ricamo e la decorazione furono sacrificati al rigore, alla semplicità e all’imponenza, rendendo permanente il contrasto tra la facciata neoclassica e l’interno barocco della chiesa.
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La Basilica di San Giovanni avrebbe dovuto sfidare la sua eterna rivale, San Pietro, su un altro piano, e invece l’affronta sullo stesso terreno e inevitabilmente perde il confronto.
Entrambe le facciate sono in travertino e comprendono un porticato e una loggia sovrastante. Entrambe sostengono un timpano e una balaustra affollata di gigantesche statue con un ordine colossale di paraste e semicolonne corinzie. Ma l’ordine gigante del Galilei non è quello del Maderno. Tanto è caldo e mosso questo, quanto è freddo e impietrito quello. A San Pietro vuoti e pieni si alternano in modo plastico, a San Giovanni invece prevalgono i vuoti e l’edificio mostra muscoli induriti.
Quanto ai portici, quello del Maderno assomiglia al ridotto di un teatro e fa impallidire quello concorrente, almeno quanto la porta del Filarete surclassa quella già appartenuta alla Curia Iulia e la moderna statua di Costantino del Bernini supera l’antica.
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A San Giovanni poi si vede anche nei dettagli che lo spirito del Rinascimento è ormai sepolto. Al centro della trabeazione, per esempio, è inciso il nome del primo titolare della basilica, cioè di Cristo Salvatore, e non quello del papa (Paolo V) e della sua famiglia (Borghese) come accade invece, INCREDIBILMENTE, per un atto di ORGOGLIO INAUDITO, a San Pietro.
Non che Lorenzo Corsini si considerasse inferiore o fosse meno presuntuoso di Camillo Borghese: erano solo mutati i tempi. Tant’è che, all’interno della Basilica, fece costruire per sé e per la sua famiglia una cappella mausoleo che poteva competere con quella di Paolo V in Santa Maria Maggiore. Anzi, riprendendo una tradizione del XII secolo, per la sua tomba utilizzò addirittura il SARCOFAGO DI PORFIDO del PANTHEON in cui, secondo alcuni, erano state riposte le ceneri di Marco Agrippa, genero dell’imperatore Augusto e finanziatore di quel tempio.
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La cappella Corsini è ricca di marmi preziosi, di stucchi, di statue e bassorilievi. Preziosissima la cancellata, e la pala d’altare è la versione musiva di un celebre quadro di Guido Reni. Insomma, come osservò Stendhal nelle sue Passeggiate Romane, NON LE MANCA NULLA SE NON IL GENIO DEGLI ARTISTI.

Dal 7/2 al 9/3/25 “Plautilla Bricci – Architettrice a Roma nel seicento” Mostra all’Acquario Romano – Casa dell’Architettura

Dal 7 febbraio al 9 marzo 2025

ACQUARIO ROMANO – CASA DELL’ARCHITETTURA

Plautilla Bricci

Achitettrice a Roma nel seicento

Donna “libera” e signora romana, Plautilla Bricci (1616-1692) è l’unica artista universale donna nell’Europa di età moderna. Valente disegnatrice, pittrice capace, musicista dilettante e persino scultrice, Plautilla fu anche un’esperta architetta. La sua fama nel campo dell’architettura si deve all’abate Elpidio Benedetti (1610-1690), che le commissionò il Casino del Vascello sul Gianicolo e un’intera cappella in una delle chiese più importanti di Roma: una circostanza eccezionale anche da richiedere l’invenzione di un termine appropriato, “architettrice”, per sugellare il riconoscimento ufficiale della donna in un settore artistico al tempo riservato esclusivamente agli uomini.

La mostra vuole presentare i progetti dell’architettrice Plautilla Bricci nel panorama della Roma seicentesca. Oltre alla Villa del Vascello e la cappella del Re Santo in San Luigi dei Francesi, anche i progetti per la scalinata di Trinità dei Monti e il reliquario in San Giovanni in Laterano.

“… la terza maniera è il fabricar sempre in presenza dell’Architetto,, il quale se sarà buono e ideale farà mettere benissimo in essecutione le sue idee senza un minimo errore…”

(da ASCL, vol. FF xx, cc. 373-377 Lettera di Plautilla Bricci al Signor Antonio degli Effetti per il pagamento del reliquario di San Giovanni in Laterano)

“…li modelli sempre si devono pagare, e sempre si è costumato pagarli…”

(da ASCL, vol. FF xx, cc. 373-377 Lettera di Plautilla Bricci al Signor Antonio degli Effetti per il pagamento del reliquario di San Giovanni in Laterano)

La volta del timpano è parimenti ornata di stucchi in varij ripartimenti con pitture della signora Plautilla Bricci, che trahono gl’applausi da ognuno e la stima da i più intendenti

(Dal volume Villa Benedetta di Elpidio Benedetti, stampato a Roma 1677)

L’Esquilino che non c’è più #1: La chiesa di San Giuliano

Ci siamo già occupati di questa chiesa in un nostro precedente post (vedi) ma ultimamente sono apparsi su Facebook degli articoli assai interessanti e con ulteriori particolari sulla storia molto antica di questa chiesa. Li pubblichiamo per offrire un approfondimento alle notizie precedentemente espresse ed offrire una finestra su come era fino al 1870 la zona dove ora c’è il giardino di Piazza Vittorio

Aldobrandini_WeddingNozze Aldobrandini – Musei Vaticani

Ecco un articolo di Filippo Neri tratto dal Gruppo Facebook “Memorie di Roma” che parla della chiesa e la storia del dipinto

Nel quartiere dell’Esquilino, tra l’Arco di Gallieno e i Trofei di Mario, c’era la chiesa di San Giuliano, di fronte a Sant’Eusebio. Questa chiesa, con le strutture annesse, già citata nel 1220, venne demolita nel 1874, per realizzare piazza Vittorio. Nel 1601 erano stati effettuati, dai frati della chiesa, alcuni scavi per disseppellire dei ruderi di un’antica domus romana, adiacente alla chiesa. Venne così alla luce uno degli affreschi più belli dell’epoca di Augusto, di 2,40 metri. Il cardinale Pietro Aldobrandini acquistò subito l’opera dai frati e la fece trasferire nella sua villa a Magnanapoli. Fu quindi battezzata “ Le Nozze Aldobrandini”. L’opera nel 1818 aveva rischiato di essere venduta all’estero, ma, su pressione del Canova, Pio VII esercitò il diritto di prelazione e la fece collocare nella Biblioteca Vaticana, dove è tutt’ora visibile. La chiesa di San Giuliano è visibile nel disegno del Falda del 1676.

Altre notizie su questa piccola chiesa demolita da circa un secolo e mezzo le possiamo trovare su questo articolo di Cristina Cumbo tratto dal gruppo Facebook “Roma scomparsa: immagini e storie”

Come forse pochi sapranno, in quella che è l’odierna piazza Vittorio Emanuele II all’Esquilino, fino alla fine dell’Ottocento, si vedeva ancora una piccola struttura ecclesiastica. Si trattava della chiesa di San Giuliano ai Trofei di Mario, istituita nel Duecento dai Carmelitani dell’Antica Osservanza, e denominata così per la vicinanza con i resti del ninfeo di Alessandro Severo.
La chiesa era annessa a un convento e a un orto. Fu proprio lì che, nel Seicento, furono ritrovate le Nozze Aldobrandini, noto affresco ora conservato ai Musei Vaticani.
Della chiesa si conosce molto poco: presentava una navatella, con una cappellina dedicata a Sant’Angelo di Sicilia (santo Carmelitano) che, si dice, avesse fondato la stessa chiesa.
I Carmelitani rimasero fino al 1783 quando la chiesa passò ai Padri Alfonsiani (o Liguorini) e, nell’ultimo periodo della sua esistenza, alle Monache Basiliane, finché non venne demolita in occasione dei lavori di sbancamento dell’Esquilino.
Nelle carte d’archivio viene denominata anche “San Giulianello”, a dimostrazione del fatto che la struttura fosse piccola, quasi una cappella di campagna.
Piccola annotazione finale: sono la prima ad aver studiato la chiesa e il convento di San Giuliano e ad aver esaminato le carte d’archivio. Chiunque fosse interessato a conoscere maggiori dettagli, le mie ricerche sono state pubblicate nella monografia “La chiesa e il convento di San Giuliano l’Ospitaliero ai Trofei di Mario”, Edizioni Carmelitane 2024 (https://edizionicarmelitane.org/…/la-chiesa-e-il…)
[In foto: La chiesa e il convento di San Giuliano ritratti nella veduta di Francesco De Paoli (1623), da P. A. Frutaz, Le piante di Roma, Roma 1962]

11/11/24 “Festa di San Martino di Tours – Processione dei bambini con le lanterne” Basilica Ss. Silvestro e Martino ai Monti

11 novembre 2024 ore 19:30

BASILICA SS. SILVESTRO E MARTINO AI MONTI

Processione dei bambini con le lanterne

con S. Martino a cavallo e dono del mantello al povero

Il programma

Un pò di storia (dal sito hotelcolosseum.com)

Secondo la tradizione, Monti è stato il primo rione di Roma ad essere perimetrato ed istituito. Il suo nome deriva dall’appellativo volgare “li monti”, con cui si indicava un’ampia zona, all’epoca ancora poco abitata, che includeva il Viminale, l’Esquilino, parte del Celio e del Quirinale, fino al confine segnato dalle mura aureliane. Oggi il Celio, il Quirinale e Castro Pretorio non ne fanno più parte, ma Monti resta comunque uno dei rioni più conosciuti e amati dai romani e dai tantissimi turisti che affollano la Capitale. In occasione della festa di San Martino, ogni anno al rione Monti a farla da padrone sono le tradizioni cittadine e la romanità, quest’ultima da sempre etichetta di cui tutti gli abitanti della Città Eterna vanno fieri.
Non mancano le degustazioni di prodotti tipici, gli stand sistemati per strada dalle osterie della zona che propongono i prodotti della tradizione ai passanti, gli artigiani, le aziende agricole con i propri vini, ma anche boutique e atelier sartoriali, che approfittano dell’evento per presentare le loro ultime creazioni. Insomma, al Rione Monti la festa coinvolge proprio tutti, ecco perché una passeggiata in zona è un impegno al quale è impossibile sottrarsi per chiunque abbia deciso di trascorrere qualche giorno a Roma. E chi volesse conoscere in maniera più approfondita la storia e le bellezze storico-artistiche del quartiere, può prendere parte a una delle visite guidate ai luoghi simbolo del rione, oltre che ai tantissimi edifici che normalmente restano chiusi al pubblico. Alla manifestazione intervengono le autorità, ma anche i ragazzi delle scuole, gli addetti culturali che operano presso i principali istituti di cultura presenti in città e numerose associazioni di volontariato.

29/9/24 “GEP – Giornate Europee del Patrimonio 2024” Il programma della giornata del Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano e del Museo Nazionale Romano – Palazzo Massimo

Nel ricordare l’apertura serale straordinaria dei Musei Statali e Capitolini (vedi) in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2024 con il biglietto d’ingresso al prezzo simbolico di 1€, pubblichiamo il programma della giornata del 29 settembre del Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano e del Museo Nazioale Romano – Palazzo Massimo

28/9/24 “GEP – Giornate Europee del Patrimonio 2024” Il programma della giornata del Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano e del Museo Nazionale Romano – Palazzo Massimo

Nel ricordare l’apertura serale straordinaria dei Musei Statali e Capitolini (vedi) in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2024 con il biglietto d’ingresso al prezzo simbolico di 1€, pubblichiamo il programma della giornata del 28 settembre del Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano e del Museo Nazioale Romano – Palazzo Massimo

28/9/24 GEP (Giornate Europee del Patrimonio) 2024 “Esplorare la citta’ storica in modo nuovo” presso il Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano

28 settembre 2024 ore 11:00

MUSEO NAZIONALE ROMANO – TERME DI DIOCLEZIANO

Esplorare la città storica in modo nuovo

Presentazione del podcast Conoscere Castro Pretorio e l’app MusEQ

Partecipano Giulia Silvia Ghia (Assessora Municipio I Roma Centro Politiche culturali, educative, sport, giovanili)

Carlotta Caruso (Museo Nazionale Romano)

Rita Di Benedetto (GruppoMeta – ETT)

Pierluigi Cara (Comitato Parco delle Finanze Castro Pretorio)

Nicoletta Cardano (Redazione MusEQ)

Gennaro Berger (Piazza Vittorio APS, redazione MusEQ)

Nel quadro degli eventi promossi in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2024