C’era una volta un mondo agricolo, immobile nelle sue tradizioni e dinamiche, che poi ha cominciato a trasformarsi con ritmi sempre più veloci e Giuseppe Morandi l’ha documentato. “Io non ho fotografato i muri delle cascine, ho fotografato le persone perché erano vive, perché potevano cambiare questo mondo, perché avevano un futuro…”, questi erano e sono i PAISAN delle campagne cremonesi fissati per sempre nelle immagini fatte da un uomo appartato, che difficilmente si trova nei libri, ma che per primo ha fotografato e filmato il mondo della campagna dall’interno.
I Paisan raccoglie alcuni dei migliori cortometraggi realizzati da Giuseppe Morandi dalla fine degli anni ’50 alla fine dei ’60, compreso un lavoro del 1991: El Pasturin (1956), Morire d’estate (1957), Inceris li barbi (cernono le barbabietole) (1964), El Vho (1966), La giornata del bergamino (1967), Jon, du, tri, quater, sach. La spartizione del granoturco (1967), L’amadasi la massa l’och (1967), Tonco, la festa del Tacchino (1967), Cavallo ciao (1966-1967), Barattieri el massa el nimal (1966), El calderon (1991).
Girati in presa diretta e montati “in macchina”, restituiscono una Padania fuori dal mito e dalla divagazione cine-letteraria. Un manifesto d’impegno civile in difesa di quel mondo che Morandi iniziò a fotografare per passione all’età di 16 anni. I suoi soggetti preferiti sono, per l’appunto, i “paisan”: contadini e allevatori, assieme agli animali e ai luoghi. Negli ultimi anni Morandi ha affinato il suo sguardo sui nuovi personaggi che oggi popolano il mondo della Bassa Padana perché dove prima c’erano i “bergamini”, che coltivavano la terra e accudivano gli animali, oggi ci sono gli immigrati.
“Iniziava il boom della lambretta e della seicento. Iniziava la grande cacciata, l’emigrazione dalla campagna. E la civiltà contadina, che era durata duemila anni, stava ormai finendo. Volevo filmare i riti ancora in atto di quella civiltà. Se io ho fotografato e filmato la mia gente è perché l’ho amata e ho condiviso la sua storia e la lotta per la sua emancipazione. Meglio ho voluto dare un volto e raccontare la loro vita dall’interno, perché io ero e sono uno di loro. Ho voluto fissare la loro sapienza e il loro orgoglio“
Giuseppe Morandi
Nato a Piadena, dove tuttora vive, nel 1937 da famiglia operaia e contadina, Giuseppe Morandi inizia a fotografare e a usare la cinepresa nel 1956, incoraggiato dal maestro Mario Lodi e da Cesare Zavattini. Il suo lavoro di documentazione all’interno della Lega di Cultura di Piadena (fondata da Morandi e Gianfranco Azzali nel 1967 su spinta dell’intellettuale Gianni Bosio) viene diffuso attraverso mostre e volumi fotografici editi da Mazzotta: I Paisan, Volti della Bassa Padana, Cremonesi a Cremona, Quelli di Mantova ed altri, presentati in Italia e in Europa.Il suo straordinario lavoro di cineasta è stato presentato per la prima volta al festival di Locarno nel 1999 dall’amico Marco Müller (Il suo stile di cineasta “ad altezza d’uomo e di lavoro” è una vera rivelazione, Morandi è un istintivo che sa mettere in scena il caso e monta in macchina).
Il suo lavoro più recente Il colore della bassa, prodotto con Paolo Benvenuti, è stato presentato al festival di Venezia nel 2008 tra i Fuori Concorso della sezione Orizzonti.