28/9/24 GEP (Giornate Europee del Patrimonio) 2024 “Esplorare la citta’ storica in modo nuovo” presso il Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano

28 settembre 2024 ore 11:00

MUSEO NAZIONALE ROMANO – TERME DI DIOCLEZIANO

Esplorare la città storica in modo nuovo

Presentazione del podcast Conoscere Castro Pretorio e l’app MusEQ

Partecipano Giulia Silvia Ghia (Assessora Municipio I Roma Centro Politiche culturali, educative, sport, giovanili)

Carlotta Caruso (Museo Nazionale Romano)

Rita Di Benedetto (GruppoMeta – ETT)

Pierluigi Cara (Comitato Parco delle Finanze Castro Pretorio)

Nicoletta Cardano (Redazione MusEQ)

Gennaro Berger (Piazza Vittorio APS, redazione MusEQ)

Nel quadro degli eventi promossi in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2024

Dal 27/9 al 3/10/24 “Sguardi nel deserto” Mostra personale di Maria Grazia Eminliani al Medina Art Gallery

Dal 27 settembre al 3 ottobre 2024

MEDINA ART GALLERY – VIA MERULANA, 220

Sguardi nel deserto

Mostra personale di

Maria Grazia Emiliani

 

Testo curatoriale e presentazione a cura di Matilde Spedicati

Rosso. Rosso è passione, rosso è calore, rosso è pericolo, rosso è vita, rosso è anche rabbia, rosso per Maria Grazia Emiliani è Africa – un desiderio che l’artista inizia a coltivare sin da ragazza. Tutto nacque con una lettura, Sognavo l’Africa di Kuki Gallmann. Come spesso accade, i libri ci regalano vedute, mondi e sensazioni inesplorati e la Gallmann fece nascere in lei un fuoco che indagherà solo al termine della propria carriera lavorativa.

Emiliani si diploma all’Accademia delle Belle Arti di Roma – indirizzo scenografia – per poi frequentare l’Istituto di Arti Ornamentali di Roma, dove ha la possibilità di affinare la tecnica pittorica. Dopo gli studi inizia a prestare servizio al Senato della Repubblica, continuando a coltivare la sua passione per l’Arte, seppur non a tempo pieno. Postasi in quiescenza, risfoglia quelle pagine del libro a lei tanto care, decidendo di immergersi nuovamente in esse e di scrivere anche lei pagine del suo “La mia Africa”, come fece Karen Blixen nel 1937.

Ed ecco che si arriva al viaggio: nel 2014 vola verso Sud, più precisamente a Mambrui, villaggio del Kenya situato a nord di Malindi, che con le sue spiagge di sabbia bianca è una delle zone più affascinanti della costa Swahili. Qui, il lusso e il comfort dei resort contribuiscono a immergere il turista in un’atmosfera straniante, distante dalla ben diversa quotidianità vissuta a pochi chilometri di distanza. Ed è lì, nelle più prossime piscine hollywoodiane, che l’artista Emiliani ha deciso di trascorrere all’incirca un mese, prestando assistenza presso l’orfanotrofio Asante Sana (grazie tante, in lingua swahili) dove un terzo dei bambini è siero-positivo.

Seppur Emiliani si esprima anche attraverso l’arte poetica, qui, lascia che sia il visivo, con la forza dei suoi colori, a raccontarci di ciò che ha significato per lei l’Africa. Dal confronto con la sua arte, il fruitore riemerge invaso da sensazioni ossimoriche, una condizione comprensibile, se si pensa che l’Africa è innanzitutto Terra di contraddizioni: è onirismo per la magnificenza del suo creato, è amore e vita allo stato primitivo, ma è anche dramma, violenza, ignoto, quindi pericolo.

Una memoria, dunque, che ritraccia le linee di un paesaggio, di un volto, ancor più di uno sguardo, talvolta intenso, seppur celato da un velo, talvolta manifesto in tutta la sua fragilità per un futuro incerto; e ancora, lo sguardo di una natura a tratti aggressiva e antagonista, a tratti sommessa. Insomma, la memoria di una Terra catartica, capace di scavare nelle profondità dell’anima dell’artista, permettendole di esprimere le emozioni più intime e primitive. Ed ecco un susseguirsi di immagini su tela che – come afferma l’artista – altro non sono che “istantanee strappate alla memoria”. Tale memoria sembra essere pervasa da un senso di primordialità che sulla tela si trasla in motivi artistici: i metteurs en scène delle fondamenta della vita.

Una natura sovrana che è al contempo vita e morte, fa sì che un albero che di per sé è vita, immerso in un contesto arido, diventi morte; una savana desolata, apparentemente inospitale per qualsiasi forma di vita, accoglie animali che sono di questa la manifestazione più pura. Una luna cangiante domina un paesaggio di un notturno turbante, penetrante, che arriva senza annunciarsi: lì, il cielo, a suo piacimento, si serra come un sipario, portando con sé l’oscurità.

E poi i legami. Quello tra madre e figlio, che rimanda al volto materno della Terra africana, più conosciuta come Continente Madre, Culla dell’Umanità – la Terra dove tutto ebbe inizio. Come anche legami, frutto della civiltà, fatti di costumi, simboli, tradizioni, che fanno sì che l’arte di Emiliani si allontani da quell’immaginario proprio dell’arte visiva coloniale, euro-centrica, desiderosa di un’Africa lontana, esotica, magnificente sì, ma vergine e arcaica.

In questa sua fase artistica, Emiliani mette da parte un certo accademismo, anche se relativamente imprescindibile per il raggiungimento di un’espressione che sia fedele alle emozioni che rinascono in lei grazie al ricordo. Una purezza espressiva che riflette la sensibilità di uno sguardo primitivo, intriso di un profondo lirismo, che lo rende incline allo stupore e che lo alimenta in questa continua ricerca di un senso, senza vincoli o pregiudizi, nella consapevolezza delle molteplici sfaccettature della vita su questa Terra, proprio come la sua espressione artistica.

Fotogrammi, impressioni, nuove intuizioni: questo è ciò che ad oggi l’artista custodisce preziosamente di quest’esperienza, insieme ad uno smisurato desiderio di farvi ritorno, in quella Terra dove ha subito e sognato. Ed eccoci di fronte ad una mostra itinerante, in cui ogni quadro è un viaggio senza fine, una rivelazione costante che si manifesta ogni qual volta l’artista decide di riscavare nel proprio passato emotivo. La tela diventa qui metafora della vita. L’una è specchio dell’altra. Così come il dipinto non conosce punto d’arrivo, il racconto della vita è alimentato costantemente da scelte ed esperienze. Qui l’individuale diventa universale e l’esperienza si eleva a messaggio umanitario. Un gioco di specchi in cui l’Arte di Maria Grazia Emiliani permette all’osservatore di immergersi nell’immaginario di un’Africa desiderata, vissuta, amata, sofferta e combattuta, invitandolo, al contempo, a porsi in discussione, riflettendo sul significato degli sguardi indagati.

Dal 27/9 al 3/10/24 “Mostra personale di Marco Marciani” al Medina Art Gallery

Dal 27 settembre al 3 ottobre 2024

MEDINA ART GALLERY – VIA A. POLIZIANO, 4 6

Mostra personale di

Marco Marciani

Testo curatoriale e presentazione cura della Dott.ssa Eleonora Bavastro

Marco Marciani, nato a Magliano Sabina (RI), inizia la sua carriera lavorando come attore, regista di teatro, cinema e tv, insegnando per sette anni all’Accademia Beatrice Bacco le materie: approccio alla telecamera, sensoriale e acting sul palcoscenico. La sua indole all’approccio delle diverse forme d’arte lo ha condotto a perseguire parallelamente le sue numerose passioni, compresa la pittura, creando un immaginario pittorico ricco di contaminazioni artistiche.

Da bambino si divertiva a dipingere la natura del reatino, dove i genitori portavano avanti le loro attività di commercianti e ristoratori, andando alla scoperta dei ruscelli e delle piante, passeggiando per chilometri nei prati, lasciandosi ispirare dai colori della terra e dei campi. Col tempo, analizzando i grandi artisti e studiando le loro opere, le memorie naturalistiche sono diventate l’espressione più rappresentativa della sua pittura, permettendo alla natura congenita dentro di lui di trovare una forma, affinando la ricerca tecnica dei materiali per rendere la sua visione più personale.

Non sa dire se i differenti ruoli artistici abbiano influenzato la sua pittura, la sua capacità di essere lavorativamente poliedrico è stata senza ombra di dubbio la sua forza per essere un artista indipendente, evitando la necessità di dover scendere a compromessi d’autore. Non si possono tuttavia non citare la bravura e la lungimiranza nel saper cogliere l’unicità dalle diverse pratiche artistiche, fondendole e rendendole arte nuova.

La ricercata scelta dei materiali…

…come il tulle, proviene dal teatro, dai vestiti di scena, dai separé della scenografia, l’utilizzo delle trasparenze e della luce, che solo un occhio abituato alla regia sa cogliere, sono state messe in primo piano grazie all’impiego del plexiglass, rendendo il supporto traslucido capace di emanare leggerezza, donando così tridimensionalità alle sue opere, rimandando al gioco di ombre, di chiaroscuri, che i fari e i proiettori cinematografici riescono a creare sul set. Il pittore, in questo modo, agisce rievocando un ambiente sospeso, fluttuante nel suo spazio psichico, avvolgendo di mistero le sue opere.

La bellezza dell’arte per Marco Marciani sta nel fatto che non ha bisogno di un’area circoscritta, si può dipingere ovunque, sporcando e sperimentando. Lasciare le opere in magazzino per l’artista è complicato, anche da un punto di vista pratico, permettergli una corretta asciugatura ha bisogno di spazio e tempo adeguato, così ha voluto ricercare un suo approccio personale alla tela, stendendo su di essa uno strato di colore che andasse a fondersi con il supporto, dando quasi un’idea di stampa o di stoffa floreale, facendolo diventare il suo tratto distintivo.

Le sperimentazioni e lo studio dei grandi come Lucio Fontana lo hanno portato ad interrogarsi sul vuoto, sul tridimensionale, sul vedere oltre la tela. Non ha mai compreso però, durante questi anni di osservazione, l’utilizzo della violenza e della forza per valicare la materia, lo squarcio per strappare il velo. Per questo motivo,
dopo anni di studio, ha portato a termine la sua visione di vuoto, scegliendo la dolcezza ed il romanticismo per oltrepassare la tela, accompagnando l’interlocutore per mano nel suo mondo, senza forzarlo, ponendo così a capo del suo intero processo creativo la continua ricerca della bellezza.