Il progetto di Gian Lorenzo Bernini mai realizzato per la Tribuna di Santa Maria Maggiore


Il progetto datato 1669 riguarda la parte absidale della Basilica di Santa Maria Maggiore. Prevedeva oltre a un colonnato imponente, 47 statue di santi.

In questo articolo,  Mario Cipollone del gruppo Facebook “Roma da scoprire” descrive la storia e i retroscena che portarono alla revoca non solo del progetto absidale ma anche di quelli delle tombe papali all’interno delle cappelle Sistina e Paolina

BERNINI. L’avessero lasciato fare il volto di Santa Maria Maggiore a Roma oggi sarebbe ben diverso.
Attorno al 1670 quando, per l’età e l’amarezza di alcuni insuccessi, era ormai in fase declinante, Gian Lorenzo Bernini ricevette per Santa Maria Maggiore tre incarichi: il monumento funebre a papa Clemente IX (1667–1669), la statua di bronzo di Filippo IV e soprattutto la ristrutturazione dell’altare e della parte absidale.
L’avesse eseguiti, il volto della Basilica sarebbe cambiato per sempre. E invece, per fortuna o forse no, non ne portò a termine nessuno.
Il primo incarico gli fu revocato.
Il secondo fu eseguito da un suo allievo e in modo diverso da come lui l’aveva concepito.
Quanto al terzo, il più cospicuo, elaborò il progetto, costruì un modello in legno come usava fare, avviò i lavori ma fu fermato.
Clemente X (1670–1676), succeduto nel frattempo a Clemente IX che gli aveva conferito l’incarico, non si poteva più permettere certe spese. Tanto che, in sei anni di pontificato, non andò oltre la costruzione della seconda, modesta fontana di piazza San Pietro. E in effetti, a stargli appresso, Bernini avrebbe fatto spendere al povero Clemente una montagna di denaro.
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Aveva passato i settant’anni, non aveva più la fantasia sfrenata di un tempo, ma gliene restava in abbondanza. E comunque, per sua natura, era capace di concepire solo idee grandiose. E così, l’avessero lasciato fare, avrebbe alzato sull’abside di Santa Maria Maggiore una terza cupola che, con le due già esistenti, avrebbe formato una specie di triangolo, conferendo alla struttura una vaghezza orientale. Avrebbe costruito sul retro un portico sostenuto da quattordici colonne corinzie, popolandolo con una selva di quarantasette statue di santi, quasi a richiamare il colonnato di San Pietro. E a quel punto non si sarebbe più capito quale fosse la facciata principale.
Quanto all’interno, avrebbe voluto ripetere l’accoppiata Sistina – Paolina, cioè realizzare due nuove cappelle simmetriche per accogliere le tombe di Clemente IX e Alessandro VII, nonché sostituire i mosaici del Torriti con affreschi di Carlo Maratta. Il che la dice lunga su come, non solo il cardinale Domenico Pinelli, ma anche grandi artisti tenevano in considerazione all’epoca i mosaici medioevali.Aveva cominciato a rimuovere le figure di Francesco e di Antonio, dei due campioni francescani, dall’abside, quando fu fermato.
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Fu Carlo Rainaldi, architetto e musicista, autore tra l’altro delle due note chiese gemelle in piazza del Popolo, ad armonizzare i due lati retrostanti la Basilica che armonici non erano mai stati. Lo fece in modo apparentemente semplice, sobrio e naturale. E senza spendere una fortuna, come si confaceva a un uomo quieto ed equilibrato, alla ricerca di una terza strada dopo le intemperanze di Bernini e Borromini.
Secondo alcuni, l’opera segnò la fine del Barocco preannunciando linee architettoniche meno nervose e infiammate. E così ad affacciarsi dalla balconata della Basilica su piazza dell’Esquilino, invece dei quarantasette santi previsti dal Bernini, sono appena quattro e non si sa come assortiti: Pietro, Paolo, Domenico e Davide; tutti irriconoscibili salvo l’ultimo. E per una piazza pressoché deserta, frequentata quasi solo da sparuti gruppi di protesta e da barboni, da piccioni e ultimamente anche da gabbiani, basta e avanza.
( da Santa Maria Maggiore di Mario Cipollone, mmc edizioni, venduto da Amazon e piattaformi )
 

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